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Ho il diabete: chi mi dice cosa mangiare?

  • Elena Ferrero
  • 22 gen 2018
  • Tempo di lettura: 6 min

Gli Standard Italiani per la Cura del diabete del 2016 sottolineano l’importanza per i soggetti affetti da diabete di avere una terapia medica nutrizionale personalizzata, ossia “cucita” sulle caratteristiche specifiche della persona. Raccomandano, inoltre, che questa venga preferibilmente elaborata da un dietologo o da un dietista esperti di diabete, inseriti nel cosiddetto “team diabetologico”, il gruppo di professionisti di diversi ambiti sanitari che si prendono cura della salute del paziente diabetico.

Nel caso del diabete, l’alimentazione è una vera e propria terapia, da instaurare il prima possibile dopo la diagnosi e per tutto il corso del follow-up. Nessun nutrizionista può improvvisarsi esperto di diabete senza un’adeguata formazione, allo stesso modo molti medici non specializzati, che pur conoscono bene la patologia, non possono improvvisarsi esperti nel dare consigli alimentari al paziente diabetico. Chi scrive ha un’anziana parente, recentemente diagnosticata di diabete di tipo 2, a cui il medico aveva annunciato “Eh signora mia, da ora in poi niente più carote e riso, che col diabete non van bene”. Se queste frasi fanno sorridere gli esperti e chi col diabete ci convive da anni, possono al contrario radicarsi nella mente della popolazione come pregiudizi difficili da mandar via. Non cadiamo, però, nell’errore di credere che i medici che danno con convinzione questi consigli siano ignoranti. Tutti i medici, chi più chi meno, hanno una buona conoscenza del diabete – patologia che ormai ha una prevalenza sempre più elevata nella popolazione – ma pochi medici sono preparati in tema alimentazione. Questo non perché durante gli anni di studio non si siano applicati, ma poiché nel percorso universitario del medico viene dato ancora poco spazio alla nutrizione. Ecco perché la presenza di un esperto di alimentazione è fondamentale nella terapia della persona diabetica.

Chi “non sa e da consigli pensando di farlo a fin di bene” è ancora diverso da chi “non sa e da consigli per truffare”. Ultimamente, anche grazie ai social che fanno sì che sia facile raggiungere un vasto numero di persone in poco tempo, hanno fatto scalpore diete pubblicizzate come “cure al diabete”, ideate e sponsorizzate dai peggio ciarlatani (privi di qualsivoglia titolo di studio) che hanno una coscienza talmente inesistenze da voler addirittura lucrare illudendo chi ha una patologia importante come il diabete. Se gli ultimi studi sembrano dimostrare che il diabete di tipo 2 può recedere grazie all’alimentazione, questo non è vero per il diabete di tipo 1, quello per il quale le iniezioni di insulina sono vitali. L’invito che faccio è quello di non lasciarvi convincere da soggetti dei quali non siate assolutamente sicuri della professionalità e esperienza e, mai, mai sospendere la terapia insulinica (in caso diabete di tipo 1) poiché qualcuno vi convince che ha la soluzione alternativa per voi.

Fatti questi necessari ammonimenti, passiamo a parlare di che cosa, in concreto, fa un esperto in nutrizione per una persona con diabete.

Per ogni paziente diabetico, che sia di tipo 1 o di tipo 2, il primo punto su cui il dietologo o il dietista pone attenzione è il peso corporeo. Qualora un soggetto diabetico adulto sia in sovrappeso (e ancor di più se è obeso) è raccomandato un piano nutrizionale (ovviamente associato all’importantissima attività fisica) per la perdita di peso. Ciò è importante soprattutto per il diabete di tipo 2, in cui l’eccesso di tessuto adiposo (soprattutto se localizzato sull’addome) fa sì che il soggetto sia meno sensibile all’azione dell’insulina.

Detto questo, il centro dell’attenzione deve essere posto – come tutti sanno – sui carboidrati, i principali responsabili dell’andamento glicemico. Ed è proprio qui, come ben sanno i pazienti diabetici, che serpeggiano i pregiudizi più duri a morire! Chissà quante volte vi sarete sentiti dire frasi come “ma sei diabetico e mangi tutto quel piatto di pasta?!”, come se i diabetici non potessero più toccare una forchettata di spaghetti dal momento della diagnosi. Nulla di tutto ciò, anzi. Al momento non esistono evidenze scientifiche per suggerire l’uso di diete a basso contenuto di carboidrati (ovvero con una restrizione al di sotto dei 130 g/al giorno) nelle persone con il diabete. I vegetali, i legumi, la frutta e i cereali integrali (cioè gli alimenti che contengono carboidrati) devono far parte integrante della dieta dei pazienti con diabete. Certo, sappiamo bene che non tutti gli alimenti che contengono carboidrati hanno lo stesso effetto sul nostro corpo: a questo proposito, è particolarmente importante consigliare cibi ricchi in fibre (che rallentano l’assorbimento dei carboidrati e quindi l’innalzamento della glicemia) e con basso indice glicemico (l’indice che ci dice quanto e quanto repentinamente un alimento fa alzare la glicemia). Va tenuto bene a mente che sia la quantità (è diverso se ci mangiamo un cucchiaino di gelato o la vaschetta intera!) sia la qualità dei carboidrati dei cibi possono influenzare la risposta glicemica. I pazienti trattati con analoghi ad azione rapida dell’insulina o con microinfusori devono modificare i boli di insulina pre-prandiali sulla base dei carboidrati contenuti nei pasti. Mentre, nei pazienti trattati con dosi costanti di insulina, l’introduzione dei carboidrati con i pasti deve essere mantenuta costante nelle quantità e nei tempi. Per controllare la quantità totale dei carboidrati assunti solitamente si utilizzano le diete a scambio o il conteggio dei carboidrati. Quest’ultima, in particolare, è una strategia chiave per l’ottenimento del controllo glicemico nel paziente utilizza insulina con uno schema multidose giornaliero e l’educazione del paziente con nuova diagnosi deve essere effettuata esclusivamente da un professionista esperto.

A questo proposito, è bene anche tener in considerazione l’attività fisica (da incoraggiare in tutti i pazienti). Se l’esercizio fisico è programmato, si raccomanda l’aggiustamento della terapia insulinica. Qualora invece l’esercizio fisico non sia programmato, e ci ritroviamo a fare una bella corsetta improvvisa con un amico, è opportuno prevedere l’introduzione di un supplemento di carboidrati.

Sono diabetico allora non posso mangiare zucchero? No. Semplicemente, gli alimenti contenenti prevalentemente zuccheri semplici (dolci, creme, merendine, zucchero da cucina, ecc) se inseriti nel piano nutrizionale, devono sostituirne altri contenenti carboidrati. Se li consumo dovrò semplicemente gestirli attraverso l’aumento del bolo insulinico o con altri agenti ipoglicemizzanti. È bene sottolineare che gli zuccheri semplici non devono assolutamente rappresentare la regola, ma qualcosa di sporadico. Se il consumo diventa abituale può, infatti, comportare incremento ponderale, insulino-resistenza e ipertrigliceridemia. Dolcificanti: fanno bene? Fanno male? Si possono usare? Sono sicuri e possono sostituire lo zucchero, ma vanno consumati in quantità giornaliere moderate.

Se i carboidrati sono il punto focale dell’alimentazione del diabetico, non dobbiamo però dimenticare i grassi. Per il paziente diabetico (ma anche per la popolazione generale) è opportuno che i grassi saturi (quelli soprattutto contenuti nei grassi animali come burro, lardo, strutto, salumi, formaggi, ma anche nell’olio di palma) non costituiscano più del 10% delle calorie giornaliere. Meglio quindi privilegiare i grassi vegetali come gli oli di semi e soprattutto l’olio d’oliva, elemento chiave della salubrità della dieta mediterranea. Il consumo di acidi grassi trans deve essere drasticamente ridotto, quindi leggere bene sulle etichette di margarine e prodotti dolciari che non siano presenti grassi idrogenati. Grassi invece estremamente benefici sono gli omega-3, ed è per questo motivo che si raccomanda l’introduzione di almeno 2 porzioni alla settimana di pesce, preferibilmente azzurro.

Questione alcolici, tasto dolente nei pazienti giovani. L’assunzione di alcol dovrebbe però essere limitata nei soggetti obesi o con ipertrigliceridemia. Per tutti gli altri che desiderano assumere alcolici, una introduzione moderata di alcol fino a 10 g/die nelle femmine (equivalente a 1 bicchiere di vino) e 20 g/die nei maschi (2 bicchieri) non ha effetti sulla glicemia ed è accettabile. Tuttavia, i carboidrati contenuti nelle bevande alcoliche possono avere un impatto importante che va assolutamente tenuto in considerazione nel calcolo del bolo insulinico. In particolare, per chi è trattato con insulina, l’assunzione dell’alcol deve avvenire all’interno di un pasto che comprenda cibi contenenti carboidrati (e mai a digiuno), per prevenire, soprattutto durante la notte, il rischio di pericolose prolungate ipoglicemie.

Chi scrive ha fatto per anni la cameriera ai tempi del liceo e si ricorda ancora di un matrimonio in cui era stata ordinata – a carissimo prezzo – una “torta per diabetici” che era stata divorata come se fosse priva di carboidrati. La torta conteneva semplicemente frutta al posto della crema, ma vallo a spiegare al pasticcere che anche la frutta contiene zucchero. Gli Standard di cura per il diabete del 2016 sottolineano che non esistono evidenze per raccomandare l’uso di alimenti “dietetici” per diabetici. Il paziente diabetico può mangiare tutto, come gli altri (vorremo mica dire di no a un invito a un pranzo di nozze per via della malattia?!) l’importante è calibrare al meglio la dose di insulina da fare. L’invito non è ovviamente a strafogarsi di dolci tutti i giorni, ma a non considerare la malattia una condanna e non rinunciare ai momenti di convivialità insieme ad amici e persone care.

Articolo scritto e pubblicato per la pagina "Il mio diabete"

FONTE

AMD (Associazione Medici Diabetologi) e SID (Società Italiana di Diabetologia). Standard Italiani per la Cura del Diabete – 2016.

 
 
 

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